Ecco qui l’articolo pubblicato su Tio inerente il progetto #mecult: “Una volta, subito dopo aver annunciato le mie dimissioni, un direttore mi portò fuori a cena e mi strizzò il culo, evidentemente pensando di convincermi a restare.” Non sono io a dirlo è Silvia D’Onghia, firma storica de “Il Fatto quotidiano”. Ma non finisce qui: “Un’altra volta ancora, rientrata da una maternità, scoprii che il mio vecchio capo se n’era andato e che, invece di aspettarmi, l’avevano sostituito con un lontano collaboratore. Ovviamente maschio” spiega Silvia, che prosegue poi giustamente indignata: “E quell’altra volta poi che, alla richiesta di turni meno massacranti perché incinta, fui spostata in un comparto che si occupava di notiziole dal web…”

Queste sono solo alcune delle esperienze raccontate nell’ambito del progetto #mecult, il Me too del mondo culturale e dell’editoria portato avanti dalla scrittrice Marilù Oliva, autrice mitologica e di gialli, che si occupa anche di saggistica e critica letteraria e che ho avuto il piacere di incontrare qualche anno fa quando è stata ospite al festival letterario Tutti i colori del giallo a Massagno. Il tutto è nato lo scorso 8 marzo a seguito di un articolo pubblicato da Marilù Oliva sulla rivista di approfondimento culturale Micromega dedicato al maschilismo in editoria  che ha scoperchiato di nuovo il vaso di Pandora: “Molte autrici/giornaliste/intellettuali – spiega Marilù – mi hanno scritto privatamente per raccontarmi la loro testimonianza e ne è uscito un sommerso preoccupante. Parlo di donne che hanno un curriculum tosto, sudato, conquistato spesso senza protezioni e senza garanti. Diverse di loro hanno subito molestie.” Da qui l’appello a continuare a raccontare e denunciare ciò che non funziona nel sistema e ciò che non vogliamo si ripeta per noi e per le nostre figlie, per un futuro veramente paritario e democratico, dove non dobbiamo continuare a spendere un mucchio di energie per difenderci da attacchi ingiusti e inutili.

“Ho faticato, troppo – spiega infatti Silvia D’Onghia nella sua testimonianza pubblicata sul blog il libro guerriero – Ho visto colleghi maschi più giovani (d’età e di carriera) passarmi avanti  Ho ascoltato battutacce da bar. Ho subìto molestie, non solo verbali. Ho provato (e provo) a oppormi a dichiarazioni sessiste, venendo bollata come la femminista rompicoglioni.” Non siamo femministe rompicoglioni, siamo esseri umani che rivendichiamo rispetto, dignità e parità, come è giusto che sia e come è sancito nella Costituzione. E lo rivendichiamo a gran voce perché, purtroppo, il problema è più diffuso di quanto non si creda.

 

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